01 febbraio 2011

Catarsi

Senza mollare un secondo l'Iphone, Tatjana ci raggiunse, scambiò due baci con Mark, solo con lui, e ci fece cenno di seguirla e noi, ipnotizzati come le vittime del mostro di Rostov, non ce lo facemmo ripetere due volte. Camminammo per qualche metro, per poi scendere nel sottopassaggio che ci avrebbe portato sulla Manezhnaja, in direzione Tverskaja. Il sottopassaggio era carico di fumi di piscio e di vecchi alcolizzati che urlavano qualcosa di incomprensibile, aprendo a fatica le loro bocche sdentate: Tatjana rispondeva con cenni della mano, oppure staccava un secondo l'Iphone dall'orecchio, lo copriva con il palmo della sinistra e nel frattempo sparava qualche imprecazione in russo che incredibilmente riusciva sempre a trasformare quegli ubriaconi in cagnolini silenziosi. Io le ero a fianco, mentre gli altri due stavano dietro di noi, perché, pur avendo un chiaro debole per l'americano, la nostra Tatjana era ancora letteralmente schifata dal fatto che i miei due amici parlassero tre parole in croce di russo.

<< Che senso ha venire qui se non possono parlare con nessuno? Sono venuti solo per scopare, vero? Ah, non dirmelo, non mi interessa. >> si dava una sistemata ai capelli e tornava al telefono.
Io la guardavo di sbieco: aveva l'anima di Napoleone trasmigrata nel corpo molle e nervoso di un gatto nano.

Tverskaja ulica: la strada più famosa di Mosca, credo. La versione moscovita del Nevskij Prospekt o di Viale Vittorio Emanuele. Una voragine di asfalto larga come un cratere, con tre corsie per ogni senso di marcia, ma nessuna barriera divisoria. E sopra la voragine di asfalto, una costellazione di fili e cavi e tralicci mezzi arrugginiti che sfavillavano come petardi al passaggio di tram verde morte. Macchine di ogni qualità, forma e velocità continuavano a rincorrersi e riprendersi, come in un gioco d'elastici, e rumori di freni, e rumori di bestemmie. Ai lati, sfavillanti luci di prestigiosi boutique che neppure ardivamo di guardare per il rischio che pure una sbirciata costasse milioni di rubli si mescevano a crepuscolari angoli sporchi di spazzatura e topi rumorosi, ed  intorno baracchini di kebabbari caucasici, e presunte pizze italiane. Ed ancora, un fiume umano di creature celesti, alte come palazzi e basse come tappeti persiani, more come la notte di Murmansk e bionde come girasoli, con seni grossi, medi e piccoli, gambe lunghe, medie e segate a metà, ci superavamo e ci sbattevano contro, come se fossimo scogli inciampati per sbaglio nel torrente del loro divenire.


<< Coglione, chiedile dove ci sta portando. Io ho un brutto presentimento, tira un'aria strana... ma non vedi come cazzo è incazzata al telefono? Questa è una mignotta di professione, dai retta a me... e non è neppure russa! No, te lo dico io! Certo, è bella, e che occhi! Però, Gesù, coglione, ricordati della guida in inglese dell'altra sera... Ma poi, hai mai visto una russa alta meno di un metro e sessanta? >>

Questa osservazione fisiognomica dell'impavido Maestroni mi lasciò un po' perplesso. Mi pareva una roba un po' troppo generalizzante... alla fine le mutazioni genetiche esistono. Tuttavia ammetto che pure io ci trovavo qualcosa di strano e di losco, solo che a differenza sua io ero curioso come una troia africana e volevo proprio scoprire come cazzo sarebbe finita questa serata assurda, anche a costo di rimetterci un polmone.

<< M-m-m-a... Dove stiamo andando? >>
<< Uh? Non vedi che sto parlando al telefono? Cos'hai detto? Ah sì, hai ragione, non vi ho detto nulla... Andiamo da alcuni miei amici in un locale qua vicino, è un nochnoj klub, manca poco, la vedi? E' quella traversa sulla sinistra... Brjusov Pereulok... ma perché quelli non parlano? Che hanno? Oh gospodi, che gentaglia... ah, non dire ai miei amici che mi avete conosciuta ieri... ricordati >>
<< E come mai? >>
<< Sono fatti miei. >> E riprende l'Iphone e ricomincia ad imprecare.

<< Che ha detto? >> Mi fanno i due in coro.
<< Andiamo in un nochnoj klub qua vicino, ci sono dei suoi amici... però mi ha particolarmente raccomandato di non dire ai suoi amici che l'abbiamo conosciuta ieri, bah... chissà perché? >>
<< E che vuol dire nochnoj klub? >>
<< Beh, credo proprio che voglia dire night club... >>
<< Cazzo! Ve lo dicevo, ve lo dicevo io! Non avete mai sentito di quegli italiani che finiscono in locali del cazzo a Praga o lì vicino, rimorchiati da belle fighe, e poi si trovano narcotizzati ed in mutande? Facciamo quella fine, sicuro! Memma, voi andate pure, io me ne torno a casa da solo, basta, deciso! >>
<< Dai coglione... facciamo ancora qualche passo, vediamo come va a finire >>

Tatjana si gira e ci squadra come un generale cosacco. Riprendiamo la marcia convinti e rispettosi. Ma cresce l'angoscia.

Finalmente svoltammo a sinistra. Il passaggio dalle luci sfavillanti della Tverskaja al crepuscolo a mezze tinte di questo pereulok non aiutò a calmare i nostri bollenti spiriti, specie perché ci imbattemmo subito in un postribolo gonfio di loschi figuri i quali, ancora una volta, ci guardavano come se non mangiassero un piatto di borsh da secoli. Mi girai verso Mark, che continuava ad essere cupamente silenzioso: i suoi occhi tradivano il terrore di non vedere mai più il New Jersey, ma le sue gambe andavano avanti per inerzia, spinte dalla circolazione periferica stimolata a gran voce dall'idea di montare il nostro Generale Inverno futura assassina dei nostri scalpi. Ma la visione di quel localino fu troppo per il nostro fisioterapista padano, che ancora una volta si fermò, causando il sincero disappunto di Tatjana, minacciandomi in italiano che lui se ne tornava a casa, basta! Quella capra sarebbe stata la nostra fine, e lui era troppo giovane per morire, soprattutto se moriva senza prima aver fatto sesso con una ebony.

Ed è così che avvenne una delle scene più surreali della mia vita.

<< Ma insomma, mi dite che goddamn avete? >> Si volta imperiosa Tatjana, sbattendo l'Iphone nella pochette.
<< Io me ne torno indietro! Tu, tu... >> il Maestroni solleva il temibile dito inquisitore contro la donzella che strabuzza gli occhi da gatta << I DON'T TRUST YOU! Tu non sei russa, ci vuoi fregare, ci vuoi fregare... ma io me ne torno a casa, andate a fanculo tutti! >>
<< Ma ma... ma cosa stai dicendo? Ma siete impazziti? Ma di che cazzo avete paura? Siamo sulla Tverskaja! Le vedete quelle bandiere? Qua c'è il consolato dell'Uzbekistan, e lì in parte una stazione di polizia... ma siete fuori di testa? E poi cos'è questa storia che non sarei russa? >>
<< Come la mettiamo con quella guida in inglese che avevi l'altra sera? E perché se sei russa devi andare in giro con il passaporto anche tu? E come fai a parlare inglese così bene, senza un minimo accento? >>
<< Ma voi mi state tutti prendendo per il culo... >>
Tatjana riprende la pochette smaltata, fruga in qualche tasca e tira fuori un tesserino... un abbonamento d'autobus.
<< Lo vedi, lo vedi? Sono io, sono io, gospodi! Leggi qua, leggete tutti, ragazzini che non siete altro... Tatjana Kugalkina, Ku-gal-ki-na... e guardate qua, la patente... e qua, la tessera della biblioteca... ma cristo, siete sicuri di stare bene? >>

Cerco di calmare un po' le acque... un malinteso... la butto sul ridere... stava scherzando... sai, noi italiani vediamo troppi film, abbiamo molta fantasia! Ma lei non pare gradire molto il mio fine umorismo preraffaelita...

<< Ma stai zitto pure tu. Sentite... se volete venire, venite, altrimenti quella è la Tverskaja, tornate giù verso Krasnaja Ploshad e tornatevene a letto con i vostri pupazzi >>
E se ne va. Guardo i due stronzi: Maestroni non sembra ancora del tutto convinto. Un tesserino si può pur sempre contraffare... ma viene avanti anche lui. Mark non parla: tace, quindi acconsente. Allunghiamo il passo e la riprendiamo: i pochi metri che ci separano da questo locale con i suoi amici vengono percorsi in un silenzio mortifero.

Se solo fossi stato uno studente un poco migliore ed avessi saputo che un nochnoj klub in Russia è semplicemente un locale dove la gente, letteralmente, passa la notte, probabilmente molto di ciò che è stato scritto sopra non sarebbe mai successo. 

Ti ringrazio, ignoranza.


3 commenti:

  1. ahahhahah "I DON'T TRUST YOU!" m'immagino la scena del prode Maestroni, troppo ridere XD

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  2. Mai come in questo caso le parole scritte non rendono merito di quello che successe veramente, vecchio mio : (

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  3. i dont trust you con l'accento di brembate di sopra :)

    gnurant!

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