03 febbraio 2011

Pokemon caucasici e strani modi di bere cocktails

Scendemmo per un sottoscala. Uno di quelli che crederesti che esistono solo nei filmacci americani. Oramai eravamo così su di giri che non ci avremmo tanto badato neppure se fossimo entrati in una macelleria islamica. Tatjana aprì la porta: un mare di nebbia ci arrivò dritto fino alle narici, che se mettevo il braccio davanti a me non sarei riuscito a contarmi le dita. A me questi locali sprovvisti delle più basilari norme di sicurezza, dove la legge 626 è pura utopia, dove se se scoppia un incendio si muore irrimediabilmente tutti, son sempre piaciuti un sacco, per cui un gioviale sorriso di piacere si dipinse sul mio volto. Girava musica jazz in sottofondo, ma il fumo imperante impediva di capire se ci fosse una band in carne ed ossa o se fosse musica registrata: sui divanetti, strane figure dalle sembianze umane si intrecciavano con solerzia, roteando mani e volti come dei Don Chisciotte impazziti.


Raggiungemmo il tavolo degli amici di Tatjana, tutti rigorosamente uomini, tutti rigorosamente ben tarchiati. Eran ragazzi eleganti e ben curati, parlavano un ottimo inglese e fumavano Davidoff nere: ci trovammo subito a nostro agio, la stessa Tatjana sembrava essersi addolcita un poco, abozzava mezzi sorrisi pur continuando ad essere senza dubbio la persona più in vista del tavolo. A me questi caratteracci piacciono molto, specie perché sotto quella scorza di acidità si nasconde quasi sempre un buon cuore: ed un buon cuore doveva averlo veramente, se pur avendola umiliata in quel modo pochi minuti prima, continuava a trattarci come persone vagamente normali.

Le cose stavano andando troppo bene: Tatjana si alzò per andare in bagno e la conversazione morì di colpo, era evidente che oltre alle solite domande sull'Italia, sulla Russia, sui rapporti fra Medvedev e Berlusconi, sul calcio, sulla differenza fra gli organi sessuali delle donne italiane e quelle donne russe, sulle tragiche conseguenze dell'effetto Serra, sullo scioglimento dei ghiacciai, c'era rimasto ben poco da dire. Il Cardinetti allora, questo astuto oratore, questo venditore di fumo, esclamò: << Certo che questa Tatjana, che carisma, ah!? Ma è sempre così? E' forte, ah? L'abbiamo conosciuta ieri al Real Mc Coy... >> Apriti cielo. Mark e Maestroni mi guardano di sbieco. Mi accorgo di essermi spinto troppo in là. Il tizio vicino a me, un tarchiatone con la camicia rosa che in seguito verrà rinominato Il Palermitano, mi incalza: << Come ieri? Sul serio? >> Ed io non so più che dire e prego l'Angelo della Morte di venire a recidermi l'aorta, ma l'Angelo della Morte non viene, ritorna solo Tatjana dal cesso e la discussione muore – ma muore fino ad un certo punto, perché il Palermitano scambia qualche parola con la donzella, che riprende subito il suo tono d'arpia e mi manda sguardi che incenerirebbero Gandhi. Eh, santo cielo, ma perché era così importante? Nessuno lo saprà mai.

Passiamo circa un'ora nel locale ed usciamo. Ripercorriamo la Tverskaja in direzione della metro di Ohotnij Rjad. Scambio qualche parola con Il Palermitano.
<< Lo vedi quel posto? Si chiama Night Flight... per metà è un ristorante, per l'altra è una cosa che non ti saprei neanche descrivere. Quello che succede in quel posto credo non abbia eguali da nessun'altra parte al mondo... credimi amico, non vedrai mai da nessun'altra parte donne così belle come in quel posto, non vedrai mai un assoluta mancanza di rispetto per i soldi come quella che trovi in quel posto... mai >>
<< E tu come fai a saperlo? >>
<< Ci ho fatto il barista per qualche mese. Con una giornata di mance ci facevo più dei soldi di tutto il mio stipendio >>
<< Cazzo! E come mai non lavori più? Ti hanno licenziato perché hai violentato qualche donna in roba nei cessi? >>
<< No, ho dato io le dimissioni. Se sei circondato dai soldi, alla lunga finisci per puzzare come loro. >>
Si accese un'altra Davidoff. Era un bravo testone, Il Palermitano.

Sbarcammo a Cistije Prudy, ossia “stagni puliti”, o qualcosa del genere. Giusto fuori dalla stazione della metro ci stava un parco che presumo fosse il ritrovo per gli alternativi moscoviti: capannelli di donne vestite di nero e punk col cane, ed arzille babushke, e vecchi alcolizzati.
Scoprì dal Palermitano che la nostra destinazione era un posto chiamato Tema Bar. A sentire quel nome, la nostra Tatjana fece la sua solita smorfia di disgusto:
<< Mi fa schifo quel posto... è solo gentaglia e puttane >>
Quindi era un posto interessante.
Percorremmo qualche viuzza carina ed in pochi minuti lo trovammo. Ci dividemmo a gruppi di due, perché a causa del face-control, in certi posti diventa particolarmente entrare per comitive di maschi... non sono mica stupidi questi russi. Io entrai con il Maestroni: tirammo fuori il passaporto, il bodyguard, un ometto smilzo dal sorriso facile, ci guardò con una luce strana e ci fece passare.

Essendo uno dei locali che ritornerà più di frequente, occorre dare qualche indicazione topografica: il Tema Bar non è altro che due stanzette di qualche metro quadrato, due banconi che servono cocktails, uno spazio ridotto al minimo per muovere i culi, tre bagni senza distinzione fra uomo e donna, qualche tavolo, delle sedie, ed una scala che portava ad un piano inferiore, presumibilmente la parte ristorante.



Le persone si affollavano ai banconi. Avevamo già pero tutti gli altri componenti della ciurma: eravamo rimasti solo io e Maestroni, e ci risolvemmo per una birra. Era ancora piuttosto presto e poca gente stava ballando, la musica era di un trash pacchianissimo, house da balera di sott'ordine da cantare a cuore in mano e brache calate: io ero già su di giri, ma Maestroni “il temporeggiatore” era di diverso parere: appoggiato mollemente con la sua aria apatica sul muro antistante al dancehall, attacca con il suo tono da vate decadentista:
“Cardinetti, Cardinetti... Rilassati. Sorseggia lentamente la birra, come se fosse il tuo ultimo bicchiere... Hai ragione, qua costa poco, per cui non dobbiamo fare i marcioni, non avremo problemi a prenderne altre, comunque... Impara. Appoggiati in qualche posizione strategica. Guarda il dance-floor. Annotati a mente le donne tacchinate da uomini pericolosi, perché ricordati, uscire dal locale con una tipacchiola è importante, ma uscirsene con le proprie gambe lo è ancora di più. Non sprecare energie su canzoni che non meritano i tuoi passi. Assolutamente, NON ballare con tue conoscenti, questo allontana le altre donne più di un paio di calzini bianchi. Quando sei pronto, vai, fiero come un Dio greco. Niente ti potrà resistere.”
Io lo ascoltavo un po' dubitoso, perché ero stato tirato su alla scuola del Prisma, che aveva sempre insegnato ai suoi discepoli che al mare bisogna andare di prima mattina, prima che arrivino gli altri pescatori a ciularti il cibo... insomma, due scuole di pensiero totalmente diverse, ma entrambe pienamente condivisibili... fatto sta che saran passati neppure venti minuti che ci appare da chissà dove Mark... sembra nervoso.
<< Ascolta... noi andiamo... le fa schifo questo posto... vuole che sto da lei, stanotte. Che faccio, vado? Cristo, certo che ci vado, che te lo dico a fare... è la volta buona che inizio a fumare... dai, vado, prima che questa pazza cambi idea. >>
Gli do' una calorosa pacca sulla spalla e lo benedico con la mano del papa. Il mio boi stava diventando un uomo.

Usciamo a prendere una boccata d'aria. Di fronte al Tema c'è un localone di lusso di nome Lourdes, se non ricordo male. Una fila lunga un chilometro e donne vestite come in un porno. Ne discuto col Maestroni, ma veniamo subito interrotti da un gruppo di ragazzi: ci chiedono da dove veniamo... le solite robe. Ci dicono che sono stati in Italia a fare snowboard da qualche parte e che è stato bellissimo e che siamo proprio fortunati a vivere in una nazione così bella... peccato che abbian scelto le due persone più sbagliate per fare questa confidenza. Bravi ragazzi, comunque. In generale, le persone qui sembrano molto alla mano ed affabili, e non appena scoprono che non siamo del posto – non che non si noti, visto che in coppia io ed il Maestroni sembriamo due terroristi turchi – ci trattano con profondo interesse ed innata simpatia.
Ritorniamo dentro ed assistiamo ad una pratica curiosa: c'è una piccola folla adunatasi in un punto esatto del bancone. Ai primi posti c'è un ragazzone che sta già in piedi a fatica, di fronte a lei, una prosperosa barista mesce qualche intruglio strano, buttandoci dentro qualunque cosa le capiti sottomano. Quando la pozione è pronta, ecco che spunta da chissà dove un casco da giocatore di football americano, il ragazzo lo indossa, si beve d'un fiato il super cocktail ed ancor prima che riesca a metter giù il bicchiere... bam! La barista tira fuori una sorta di mattarello e gli tira una lecca sul casco, suonando contemporaneamente dei campanellini che aveva in zona, fra le risate generali. Molto bello e folkloristico... ci ha fatto venir sete e propendiamo per un mojito.

Riprendiamo la nostra posizione sui bordi di quello che chiamare dancehall è un vero e proprio eufemismo, ma tant'è... insomma, a me pareva che questa tattica attendista del mio buon amico fisioterapista fosse un po' da buttare. Vicino a noi si era avvicinata una sgarzetta, anche lei con un cocktail fra le mani, ed un mezzo sorriso sguercio disegnato sul suo volto bruttino. Le propongo di fare quattro salti in padella e lei accetta al volo, anche se col senno di poi dubito che avesse davvero capito cosa le abbia detto.
Puzzava d'alcol come una cantina del dopoguerra. Scambiamo due parole: si chiama Guzal, lavora qui, fa quella roba là, ha quegli anni lì... tutto molto interessante. Guzal... uh, che nome inquietante, sembra un mostro giapponese o un pokemon. Io dico che il nome di una donna è estremamente importante, e con questo "Guzal" eravamo andati proprio fuori onda... Le ripeto un po' di volte il mio ma ovviamente non lo capisce, continua a guardarmi con i suoi occhi da sgombro bollito e le labbra terribilmente piegate... le dico che sono italiano e che sono qui per un corso di lingua, e la notizia la risveglia un secondo: oh, sei italiano? Male, male! Avevo un ragazzo italiano... ho un ragazzo ita-ita-ita liano, di Mi-mi-lano... uno stronzo! Ah no siamo ancora assieme, forse sì... no no! Voi italiani siete tutti dei maiali!
A me queste affermazioni fanno cascare i maroni a terra, per cui la pianto lì e vado a fumarmi una sigaretta fuori.

Quando ritorno dentro, il mio caro Attendista s'è già buscato il pokemon caucasico, e per non saper né legger né scrivere, ha pensato bene di perforarle al volo la trachea con la sua lingua mobile... mi sembra subito la soluzione migliore: almeno se ne sta zitta.
Nel frattempo, la situazione si è scaldata ed è ormai fuori controllo: veneri in minigonna danzano sui tavoli senza pudore, allegri buontemponi ubriachi si abbracciano frocescamente urlando DAVAJ DAVAJ DAVAJ ad ogni canzone, due omoni si prendono a pugni per qualche bischerata in zona cocktail, qualche straniero su di età si guarda attorno con la bava alla bocca... ed io mi godo il panorama dantesco: la vita scorreva, le persone si divertivano.

Come in un battito di ciglia si fanno le cinque: la metro riapre, ed io mi levo dalle palle... ma avvicinandomi alla stazione della metro, chi mi trovo se non il Maestroni?
<< Ah cazzo, eccoti qua... dove minchia eri finito? Ha voluto fare un giro, volevo dirtelo ma non ti trovavo, credevo fossi occupato pure tu.. Gesù, mi fa quasi schifo talmente era sbronza, però allo stesso tempo era divertente, no? Lo dicevi sempre tu al liceo che l'importante sono le esperienze, no? Sto diventando un empirista, ahah! Cazzo, io credevo che si sarebbe fatta sbattere in qualche angolino, invece 'sta troia mi ha portato su una panca e si è messa a parlarmi del suo moroso di Milano... volevo morire, giuro. Mi pareva di esser tornato alle elementari. Non si è fatta toccare manco di striscio. Dopo un'ora ha preso e se ne è andata senza quasi dirmi nulla... forse doveva sboccare, non so, non l'ho certo inseguita... che schifo. Però mi ha lasciato il numero, credo che ci rivedremo. Magari con una doccia e meno alcol nel sangue diventa già più pisellabile, non trovi? >>
<< Beh, se è davvero una donna, metà del problema è già risolto, credo. >>

Prendiamo la metro e torniamo oguno alle rispettive dimore. Amo le metropolitane, specie di mattina o di notte. Dovrebbero renderle abitabili, e quando lo faranno, io sarò il primo ad affittare un vagone tutto per me.

1 commento:

  1. tu al massimo puoi affittare un angolo delle scale della metro, con un cartoncino dove enumeri i figli a cui devi trovare da mangiare perchè la madre ti ha lasciato :)

    però nice post

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