Volai di corsa al MGU, presi il regalo datomi da mia madre ed arrivai incredibilmente puntuale davanti alla statua di Pushkin. Aleksandr era fermo immobile in mezzo alla piazza e mi guardava in modo strano. Faceva un caldo terribile. Aleksandr sembrava muoversi dal suo piedistallo. Aleksandr si muoveva. Strabuzzai gli occhi. Non so come feci a non buttarmi nella fontana. .
Anna arrivò con mezz'ora di ritardo. Solitamente mi fanno girare i coglioni le persone in ritardo, ma quel giorno no: avevo le visioni ed ero inspiegabilmente di buon umore. Mi pareva di essere ubriaco senza aver bevuto praticamente nulla. Ed in effetti devo aver letto da qualche parte che le sbronze migliori sono quelle che si raggiungono senza alcol: occorre solamente spingersi a capofitto in una direzione, ad esempio non dormire per quarantotto ore, oppure non alzarsi dal letto per tre giorni interi, oppure bere quattordici litri di acqua, e così via. Ci si può ubriacare di tutto, di vino, di donne, di poesia, è sempre un piacere.
Apparì con un vestito bianco, uno di quelli un po' larghi e svolazzanti che – non sono un esperto, ma azzardo – usano le donne leggermente in sovrappeso. Lo so che si dice che il nero snellisce, ma secondo me anche certi vestiti bianchi lo fanno. Questa Anna, comunque, appariva molto più in carne rispetto alle foto che mi erano state mostrare: doveva essere l'alcol che le stava lentamente distruggendo le membra, poverina.
<< Eh-eh-eh, ma devi essere tu Claudio! Ma che ca-a-a-rino che sei, tutto uguale a tua madre! >> Proruppe lei, baciandomi con voluttà. Il suo abbraccio mi confermò che era proprio una bella prosciuttona.
<< Anche tu sei molto bella, Anna! E che bellissimo vestito che hai! >> Ero sincero, almeno per quanto riguarda il vestito. Sulla sua bellezza non sapevo ancora, dovevo osservarla meglio, ma nel dubbio è sempre meglio fare un complimento in più che uno in meno, almeno credo.
Pensai bene di sbolognarmi subito del regalo: ne fu contentissima, o almeno, così è quello che mi diede a vedere. Con mia grande sorpresa, anche lei aveva un regalo per mia madre, e ciò significava che dovevo passare tutta la giornata con in mano qualcosa: era una situazione molto brutta, sia da vedere che da pensare. In seguito scoprì che il suo regalo era stato evidentemente preparato al momento ed alla rinfusa dopo che io le avevo comunicato per telefono che ne avevo uno per lei, ma quel che conta è il pensiero, no, e poi erano faccende di mia madre, a me poco importava.
Percorremmo giù la Tverskaja fino alla stazione di Teatralnaja. Lì prendemmo la verde in direzione Brateevo. << Ti porto in un posto splen-di-do, mio caaaaro Claudio! >> mi disse Anna, sempre sorridente e giuliva. Ero molto contento: non ero mai stato nella zona sud con la metro verde. Era una linea che ogni tanto sgorgava in superficie, per poi ributtarsi a capofitto nelle oscurità della terra: pareva di essere sulle montagne russe. L'unico problema era che avevo sempre questo regalo fra le gambe che sembrava stessi covando un uovo. Pensavo che se la mia compagna si fosse girata un secondo, avrei potuto buttarlo fuori dal finestrino. Non era un'idea stupida dopotutto. Ero sicuro che non se ne sarebbe neppure accorta.
Ricordo che sulla metro potei parlare. Mi chiese come andavano le cose a casa. Io le raccontavo a grandi linee ed un po' a ritroso, anche perché sapeva già qualcosa, e nel frattempo le studiavo gli occhi: sì, aveva degli occhi buoni... e non era neppure bruttina. Aveva uno strano viso allungato, sulla quale spiccava un naso ladygaghiano. Sì, col senno di poi direi proprio che aveva qualcosa di Lady Gaga, questa Anna Tudanova. La cosa che meno mi piacevano di lei erano i capelli, che erano di un castano spento e senz'anima, ma in generale, era una donna con il suo perché, non priva di un certo grado di fascino.
<< Ma è vero che leggi Tolstoj, Dostoevskij, e tutta quella gente lì? >> Mi domandò lei, cacciandomi le sbardelle indagatrici in faccia.
Per qualche motivo trovai la domanda un po' imbarazzante. Risposi sì di malavoglia.
<< Oh-oh-oh, ma è davvero fantastico! Ma li leggi in lingua originale? >>
<< See, buonanotte... In lingua originale non saprei neppure leggergli il numero delle scarpe >>
Scoppiò a ridere come una bomba atomica. Tutte le persone del vagone si voltarono verso di noi: io avevo ancora quest'uovo di un regalo fra le gambe e parevo Buddha. E poi non faceva neppure così ridere quella cosa del numero delle scarpe.
<< Seriamente, è fantastico... sai, è così strano per me che uno straniero legga i nostri autori e gran parte dei russi stessi non li abbia mai letto... è strano, non trovi? >>
<< Sìsì, E' strano. Dev'essere per lo stesso motivo per cui io sono a Mosca ma non sono mai stato a Roma, per dire. >>
E giù altre risate, tintinnanti come una lavatrice rotta. Quest'Anna trovava divertente ogni minchiata che sparassi.
Arrivammo alla fermata di Tsaritsino.
<< Scendi, su, su, di corsa! >> mi afferrò per la mano e mi trascinò fuori. Tutte quelle confidenze e tutto quel contatto fisico dopo pochi minuti dicevano una sola cosa: la gallinella era già innamorata, non c'era scampo. Don Juan Cardinettos De La Mancha aveva colpito ancora una volta.
<< La conosci, Tsaritsino? E' una specie di Versailles russa, venne costruita nel sedicesimo secolo... o era nel diciassettesimo? Ah, non importa, ah-ah, che stupida, scusami! Non pensare male, su! Mi pare riguardasse Boris Godunov... sìsì, lui c'entra di sicuro nella faccenda! Vedrai che meraviglia! Ci sono un sacco di spose, e di fontane me-ra-vi-glio-se, credimi! Andiamo, andiamo, veloce! Dio, come sei lento! >>
Subito fuori dalla metro ci stava un cancello che delimitava uno spazio davvero infinito di verde, fino all'orizzonte. Anche l'aria sapeva di diverso.
Subito fuori dalla metro ci stava un cancello che delimitava uno spazio davvero infinito di verde, fino all'orizzonte. Anche l'aria sapeva di diverso.
<< Sai, caaaaro Claudio, questo è il posto preferito per i moscoviti per venire a fare pic-nic e cose di questo genere... anche per limonare, certo, ah-ah! E' bellissimo, non trovi? Ah che stupida, ma ancora non si vede nulla, non dire niente, non dire niente, aspetta! Ah, ma perché non prendiamo anche noi qualcosa da bere? Ci verrà sete tra poco, non trovi? Sìsì, lascia fare a me, vieni, su, veloce! >>
Io non potevo proprio materialmente dire alcuna parola, neppure se lo avessi voluto. Quest'Anna metteva sì qualche punto di domanda nelle sue parole, ma non lasciava il tempo per lasciare all'interlocutore la possibilità di rispondere. Ma prendere qualcosa da bere mi parve subito un'ottima idea: da quel sorso di Stolichnaja sul treno era passato troppo tempo.
Entrammo nel solito produkty decadente d'ordinanza. C'erano patate a tutto spiano. I commessi stessi parevan fatti di patate. Montagne di patate di ogni dimensione e forma... Il mondo era diventato una patata. Stavo diventando pazzo? Probabile... Mi piaceva l'aria che si respirava, in quel produkty. Le addette al reparto macelleria tagliavano con lentezza mortifera fette di manzo sanguinolente, che cascavano con un tonfo sordo e venivano rapidamente impacchettate, e non una ruga si muoveva sui loro volti di carta vetrata. Qualche ubriacone arraffava distrattamente lattine di birra da sessantasei centilitri, bofonchiando maledizioni dai loro denti di carbone. Una bimbetta con i capelli d'oro afferrava con difficoltà delle caramelle colorate... La mia Anna si muoveva sicura come un cane da tartufo. Afferrò un bottiglione di plastica di colore marrone e delle patatine al gusto di pollo fritto.
<< Questa birra è de-li-zio-sa, credimi! Ah ma che stupida, certo che ti va un po' di birra, voi italiani non bevete solo birra? Ah no scusa, mi ero confusa, voi bevete vino rosso, sì? Comunque hai sete, sì, la prendiamo? E' buo-nis-si-ma! >>
Anni ed anni di convinzioni che la birra in bottiglia di plastica fosse quella dei barboni della stazione ridotti in cenere. Sorrisi. Chi tace acconsente, no?
Armati col nostro bottiglione di plastica di birra e di deliziose patatine al gusto di pollo fritto, varcammo i cancelli d'entrata. Dopo cinque minuti di camminata in qualche specie di forestone con alberi secolari ed appuntiti, il panorama si schiarì un poco: era veramente un posto magnifico, una delle cose più impressionanti che abbia mai visto nella mia vita - s'intende, dopo il porno della grassona vestita con un costume da balena montata su di un peschereccio.
Era un andirivieni di declivi e dolci pendii e fontane bianche che sprizzavano acqua in cielo che ricadeva in mille frantumi rinfrescando l'aria tutta, e c'era pure una specie di laghetto con un'isola in mezzo e nugoli di anatroccoli grossi come pugni, ed alcune barchette intorno che sprizzavano amore da ogni asse, e palazzoni barocchi di quelli che pensavi esistessero solo nei libri... faceva davvero venir voglia di innamorarsi. Ma di chi? Pensai che un giorno avrei dovuto portare la Ragazza dell'Ascensore. Era una promessa che mi facevo con me stesso... Non potevo certo farla a questa Anna Tudanova.
mmm hai fatto una promessa interessante nel post precedente, ma devo dire che mi è piaciuto di più l'altro ^^
RispondiEliminaaspetta, manca ancora la seconda parte!
RispondiEliminascusa, ma questa anna quanti anni ha/avrebbe?
RispondiEliminae chi se lo ricorda, credo uno più di noi :)
RispondiEliminauno più di noi??? pensavo sui 35
RispondiEliminaappunto, da qualche parte dicevi che era amica di tua mamma, sbaglio? (no, non sbaglio)
RispondiEliminaallora diciamo che "amica" è un concetto più forte e avrei dovuto dire "conoscente" :)
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